martedì 6 novembre 2007

C'ERA UNA VOLTA LA FAVOLA


BUONGIORNO A TUTTI,
SONO ROBERTO BIANCHI, UN INSEGNANTE CHE DALL'ETA' DI SETTE ANNI SCRIVE FAVOLE CON IL SOGNO DI REGALARE CON UMILTA' QUALCHE GOCCIA D'AMORE ALL'ALTRO. SONO CONVINTO DELLA REALE POTENZIALITA' EDUCATIVA DELLA FIABA. L'ESSERE IN ETA' EVOLUTIVA, SPECIALMENTE IN QUESTA SOCIETA' MALATA, E' ALLA CONTINUA DRICERCA DI UN MODELLO DA EMULARE CHE NON PUO' TROVARE DI FRONTE ALLA TV O NEGLI ALTRI MASS MEDIA POCO EDIFICANTI DI OGGI GIORNO. Attraverso il sapere trasmesso oralmente dai tempi dei tempi, con favole e leggende, una volta si aiutava i piccoli a crescere, mentre nell'epoca odierna si preferiscono violenza, sesso e guerre. Io sono un utopista e ho tanta fiducia in coloro che amana la pace, la fratellanza e l'amore. La favola parla continuamente di continua lotta tra bene e male, con il bene che viene sempre ripagato. Del resto quale gioia più bella esiste del sentirsi soddisfatti per aver compiuto un atto positivo?
Il discorso spero si farà più lungo. Vorrei avere vostri commenti e poter pubblicare alcuni miei lavori. Gli argomenti sono i più disparati, ho anche nel cassetto un saggio sulla favole con diverse soluzion nei vari momenti di crescita.
Intanto metto in evidenza una prima favola, legata a un ciclo e alla quale quindi ne seguirà UNA OGNI SETTIMANA. Si tratta di una raccolta da me creata con protagonisti due nanetti magici che aspira a portare tra colori e sollazzi messaggi positivi.


PROLOGO

Tanti e tanti anni fa, quando le cose più importanti della Terra erano ancora l’acqua, il cielo, gli alberi e la vita, dai quattro angoli della volta celeste nacquero quattro nanetti, custodi dell’amore. Due di questi, volando sui capelli dorati della dea delle favole, discesero in una valle alpina. Era una valle verdissima, ricca di fiori e custodita da una cengia di rocce dolomitiche che brillavano illuminate dal sole. Un gregge di bianche pecore pascolava gaio tra l’erbetta, gli uccellini cantavano, vi erano splendidi narcisi che si specchiavano nel torrente e delle bellissime stelle alpine dai petali candidi e vellutati. I nostri due nani erano, se non altolocati, perlomeno addetti a compiti particolari. Di solito i nani sono industriosi artigiani, come fabbri o ceramisti, questi due esseri invece erano incaricati di custodire la famosa collana d’oro dell’amore di Freya, la musa della poesia e delle parole dolci, comunque sempre disposti a svolgere il loro lavoro di protettori del bene e degli animali.
La collana era ben sistemata nella loro casina di mattoni. Una piccola capanna di bei conci naturali, con una finestrina di legno d’acero e un tetto di paglia. Davanti alla casina sgorgava l’acqua pura di una fontana meravigliosa. Da questa fontana magica uscivano storie, fiabe e racconti. Era un’acqua limpida e unica.
Il primo nano si chiama Nordri, era vestito con un paio di pantaloni felpati blu, aveva una blusa rosa stretta da una cintura fatata, calzava scarpe dalle sette leghe scure e in testa portava un cappellino floscio color viola. La sua bella barba bianca coronava il mento, le sue gote erano rosa e aveva sempre il sorriso sulle labbra.
Nordri era assai allegro e puliva ogni giorno la fontana:
“Aiutami Sudri!” diceva all’altro nanetto, che aveva pantaloni bordeaux, blusa viola e cappello azzurro e per non sporcare l’aqua mentre puliva la fonte andava a piedi nudi. Sudri aiutava sempre con solerzia il compagno. Ogni giorno qualcuno si recava alla fonte magica. Spiegava i propri problemi e allora i nani facevano sgorgare dalla sorgente una fiaba che spiegava e aiutava ad affrontare i quesiti della vita. A volte giungevano fanciulli in preda alle difficoltà, altre volte arrivavano animali.
Le giornate di Nordri e Sudri erano assai intense. Si occupavano della sorgente, di lucidare la collana di Freya, di accogliere tutti coloro che si recavano ad ascoltare le fiabe.
Per accedere alla loro valle bisognava essere capaci di apprezzare i miracoli della natura, ci volevano dolci sentimenti e bisognava avere tanta voglia di amare. In genere l’accesso era così negato agli adulti, almeno che non avessero serbato nel loro cuore la capacità di credere nella magia e di avere alta considerazione dei folletti, delle fate e degli animali.




1

Ormai aprile era quasi finito e maggio si affacciava alle porte. I bei fiori ingentilivano le colline. Le dolomie scintillavano di striature gialle, rosse e blu.
“Che bella mattina!” disse allegro Nordri.
“E’ davvero stupendo!” rispose Sudri mentre lucidava la collana della dea dell’amore, la regina Freja.
Nel mentre si sentirono lievi passi.
Era una bambina che si avvicinava alla fonte per essere illuminata da una favola. Era una fanciulla assai triste.
“Il mondo è grigio! Tutto è smog e cemento! Gli esseri umani sono egoisti!” diceva la bambina.
Nordri e Sudri erano assai amorevoli. La coronarono con un serto di petali e poi la fecero sedere vicino alla fonte. I sassi erano belli e freschi davanti alla sorgente. Sudri sistemò un poco di muschio e asciugò un ciottolo della dimensione adatta per farci sedere la bambina.
“Ascoltiamo cosa ci racconta la fontana magica!” disse Nordri. I tre si misero davanti all’acqua che sgorgava e in modo magico si udì la voce inca
ntata della fonte che narrò:

IL MONDO GRIGIO

Il mondo era grigio e brutto.
Mancavano l’amore e il rispetto per gli altri.
Le città erano nere e tutto era triste.
“Abbiamo freddo!” protestavano i bambini.
Mancava la cosa più importante della vita, ovvero la gioia di stare con gli altri.
Gli uomini erano egoisti e non volevano allacciare rapporti con il prossimo, né si volevano amare gli animali, i fiori e le piante.
Nessuno così sorrideva mai.
“Il pianeta deve cambiare!” disse il custode dei custodi.
Radunò una schiera di folletti, un esercito di gnomi e un grande numero di elfi.
Ad ogni essere del ‘piccolo popolo’
[1] diede un secchio fatato.
In ogni secchio c’era un colore magico.
Ad Artemisio, il più dolce degli gnomi, porse un pennello:
“Questo è il pennello dalle setole d’oro!” disse il custode dei custodi. Con una sola pennellata si potevano coprire il grigio e la tristezza.
Gli elfi partirono verso i paesi neri e mesti. I folletti volavano suonando i loro pifferi per incitare alla pace. Gli gnomi coloravano tutto.
Le pianure divennero come arcobaleni. Le acque nere e piene di rifiuti, divennero pulite e azzurre. Le montagne grigie diventarono verdissime. Il cielo abbrunato dalla fuliggine diventò terso:
“Che bello!” diceva la gente.
Insieme all’apparire di tutti quei colori, la popolazione ridestò la propria voglia di amare. I cuori si aprirono. Intanto le pennellate magiche portavano luce presso le città. Tutto divenne bellissimo. Pareva la primavera degli animi. Gli uomini offrivano fiori alle donne, i ricchi sfamavano i poveri. Si deposero armi e oggetti contundenti. Gli uccellini cantavano dai loro nidi, mentre Artemisio continuava a colorare.
Le persone si sentirono cambiare. Gnomi, elfi e folletti avevano cambiato il mondo in bianco e nero che era divenuto iridato. Si respirava il profumo della natura, ci si abbracciava e si cantava di gioia.



[1] NB: si intende per ‘Piccolo Popolo’ l’insieme di esserini magici come elfi, folletti e fate.